PeregrINAre

Quanti aspetti racchiude in sè l’immagine del “peregrino”! La più immediata, e probabilmente la più diffusa, è quella dell’erranza, a volte con una meta, come nei pellegrinaggi religiosi, a volte senza meta, come umili vagabondi. Il peregrino va per luoghi sconosciuti, si avventura in terre straniere. Ma peregrino si dice anche di qualcosa che appare singolare, originale fino ad essere strano. Lontananza, viaggio, estraneità sono dimensioni molto vive nel mondo contemporaneo non solo per i migranti in cerca di nuove nazioni da abitare, ma anche per ogni uomo o donna che cerchi una stabilità lavorativa, sentimentale o spirituale. Siamo erranti anche quando stiamo fermi dinnanzi ad un computer che ci fa fare il giro del mondo a colpi di bit, post e download. Non ci resta che trovare un centro, una bussola che si muova con noi, non ci resta che trovare noi stessi, la nostra umanità. Possiamo progettare le nostre esplorazioni attrezzandoci di mappe e consigli altrui, ma prima o poi le zone d’ombra metteranno alla prova ogni certezza e tra dubbi e scelte ineludibili si affaccia la nostra identità, personale e professionale. Peregrinazione vuole essere un blog di informazione culturale, ma anche e soprattutto di riflessione, approfondimento e interrogazione del reale con rigore, curiosità ed entusiasmo.

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5.9.12

SegnaVIE: Storiella Zen "Il sapore della spada di Banzo”


"Matajuro Yagyu era il figlio di un famoso spadaccino. Suo padre, convinto che l’attitudine del figlio fosse troppo scarsa per fargli raggiungere la maestria, lo disconobbe.

Così Matajuro andò sul Monte Futara e là trovo il famoso spadaccino Banzo.
Ma Banzo confermò il giudizio del padre. “Tu vuoi imparare a maneggiare la spada sotto la mia guida?” domandò Banzo. “Ti mancano i requisiti indispensabili“.
Ma se lavoro sodo, quanti anni mi ci vorranno per diventare un maestro?” insistette il giovane. “Il resto della tua vita” rispose Banzo. “Non posso aspettare tanto” disse Matajuro. “Se accetti di darmi lezione, sono pronto a sottopormi a qualunque fatica. Se divento il tuo devotissimo servo, quanto tempo mi ci vorrà?
Oh, forse dieci anni” disse Banzo addolcendosi.
Mio padre si sta facendo vecchio e presto dovrò prendermi cura di lui” continuò Matajuro. “Se lavoro ancora più assiduamente, quanto tempo mi ci vorrà?” “Oh, forse trent’anni” rispose Banzo.
Ma come!” disse Matajuro. “Prima hai detto dieci anni e ora trenta! Accetterò qualunque privazione pur di imparare quest’arte nel tempo più breve!” “” disse Banzo “allora dovrai restare con me settant’anni. Un uomo che ha tanta fretta di ottenere risultati raramente impara alla svelta“.
E va bene” dichiarò il giovane, comprendendo infine che gli stava rimproverando la sua impazienza. “Accetto“.

Matajuro ebbe l’ordine di non parlare mai di scherma e di non toccare mai una spada. Cucinava per il suo maestro, lavava i piatti, gli rifaceva il letto, puliva il cortile, curava il giardino, tutto senza che si parlasse mai di scherma.
Passarono tre anni. Matajuro continuava a lavorare.Pensando al proprio avvenire era triste.  Non aveva ancora incominciato a imparare l’arte alla quale aveva votato la propria vita.
Ma un giorno Banzo scivolò alle sue spalle e gli diede un colpo terribile con una spada di legno. L’indomani, mentre Matajuro stava cucinando del riso, Banzo tutt’a un tratto gli saltò di nuovo addosso.

Da allora, giorno e notte, Matajuro dovette difendersi dagli assalti inaspettati. Non c’era giorno, non c’era momento che non dovesse pensare al sapore della spada di Banzo.

Imparò così in fretta che la faccia del suo Maestro era raggiante di sorrisi. Matajuro divenne il più grande spadaccino del paese."
(Nyogen Senzaki, 101 Storie Zen,  Edizionilpuntodincontro)



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