A volte ci si ritrova. Non mi riferisco ad amicizie, ma a se stessi.
Per chi ha un dialogo interiore, mantenere un "contatto" con la parte che sentiamo più vera e autentica, non necessariamente migliore, ma quella che porta alla realizzazione di se stessi, è fondamentale, è un bene prezioso.
Il passo successivo è riuscire a vivere se stessi in mezzo agli altri.
Ma esiste un nocciolo duro dell’identità? Nella psicologia contemporanea l’identità resta un processo relazionale, continuo inarrestabile, fatto di passi avanti, ma anche indietro, di corse, cadute, riprese, lente camminate. L’identità non è qualcosa di fisso. E allora come si può pensare a un “se stesso”? E’ semplicemente un escamotage mentale per metterci in ascolto della nostra evoluzione, per non esserne troppo sorpresi. E’ la via che porta a prenderci cura di noi, a mantenere vivo uno “spazio” mentale, spirituale, che coltiviamo con amore, indulgenza, umiltà.
Io lo faccio attraverso la lettura, la danza, o più semplicemente inspirando ed espirando. In tutto questo anche il corpo ha il suo ruolo, è la nostra porta sul mondo, è quello che di noi vivono nell’immediato le persone che incontriamo. Il corpo ci parla di noi sia agli altri sia a noi stessi.
Nulla di nuovo, solo un appunto per non dimenticarsi e per non indulgere troppo verso le ricette di vita altrui.
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