di Renato Rizzello
Quante altre volte
guarderete levarsi la luna? Forse venti...
eppure tutto sembra senza limite.
(Paul Bowles, “Il tè nel
deserto”)
Svolgendo l'attività di insegnante ci si accorge di quante e quali siano le “evoluzioni” tra una generazione e l'altra. Una di queste è la tendenza
sempre maggiore dei ragazzi alla distrazione.
Anch'io ricordo lunghi momenti di distrazione quando
frequentavo la scuola, ma era molto diverso, erano comunque momenti per così
dire “pieni”, pieni di fantasticherie o semplicemente di stanchezza. Ora nei
ragazzi, invece, scorgo spesso il vuoto, sia di contenuti che di volontà
di riempire con qualcosa di significativo quel tempo.
Qualcuno diceva che l'uomo come le bestie tende a fare nulla
se non viene stimolato, ma talvolta ho l'impressione che si scenda ancora più
in basso perché nelle bestie almeno si conserva uno spirito di sopravvivenza
individuale, o di autoconservazione e sopravvivenza della specie che in certi
piccoli umani a volte non vedo più.
Una volta discussi con un'importante maestro di musica sul
cambiamento delle modalità di fruizione della musica e sulla maggiore
difficoltà che ha l'ascoltatore di oggi nel seguire con attenzione la “forma”
di un brano musicale. Si giunse alla conclusione che le due cose erano
strettamente collegate.
Immaginammo per esempio un fruitore di musica nell'Ottocento
(tanto per non andare troppo indietro nel tempo). Se andava all'opera aveva a
disposizione solo quell'ascolto di quella musica, in quel momento e
basta, il resto erano prevalentemente spartiti o trascrizioni per banda, o
pianoforte...
Poi è arrivata l'era dei supporti registrati, prendiamo per
esempio un vecchio disco in vinile. Chi lo ascoltava sapeva benissimo che non
poteva farlo milioni di volte, perché ogni ascolto oltre a far ascoltare il
supporto, in qualche modo lo danneggiava anche. E comunque era un supporto
piuttosto fragile, costoso, prezioso, e tale appariva anche il suono che
vi conteneva.
Facciamo un altro salto in avanti e arriviamo ai giorni
nostri. Abbiamo avuto i cd, supporti pressoché indistruttibili al confronto col
vinile, e poi i file mp3, che addirittura non hanno necessariamente supporto
fisico.
Il suono in qualche modo ha perso valore, perché è
“indistruttibile” e riproducibile all'infinito, attraverso semplicissime
operazioni di rewind e copia-incolla.
Dunque se io ho fatto parte prevalentemente della “generazione
del rewind”, i miei allievi sono la “generazione del copia-incolla”.
Questo in qualche modo si è ripercosso sulle capacità di
attenzione di tanti che non sanno quasi più distinguere il “silenzio” dal brusio con musica di un supermercato o di una tv lasciata accesa.
Chissà forse un giorno qualcuno -magari un mio allievo-
scriverà un testo come questo dovendo ad ogni capoverso, rigo o parola,
ricontrollare il titolo, per ricordarsi di cosa doveva (voleva?) parlare,
scrivendo mentre ascolta la tv, o un mp3 sullo stesso pc dove scrive.
Oppure preferirà fare copia-incolla di questo stesso testo.
E auguriamoci che capisca che per lui gli mp3 potrebbero
essere come per noi i dischi in vinile.
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Grazie ai miei genitori ho avuto la fortuna di studiare la musica, l'arte
invisibile agli occhi che mi ha spesso consentito di scoprire
“l'essenziale”.
Tra i dieci lavori che rendono più felici le persone ho trovato su
un giornale, senza troppa sorpresa, anche il mio: l'insegnante di
sostegno. Insieme al sacerdote, il pompiere, il fisioterapista, lo psicologo... semplicemente
aiuto gli altri.
Che sia essenziale forse proprio “aiutare gli altri” per essere
felici?
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