E' possibile un mondo a misura d'uomo? Se le scienze umane ormai da più di un secolo esplorano i contorni irragiungibili di un'unica "forma umana" per acquisire una coscienza plurale e relazionale dell'essere uomo tra uomini, direi che la domanda è mal posta! Quale uomo? Quale misura? Nell'apparente inesistenza di un modello di umanità valido in assoluto, ognuno sceglie la propria umanità, la propria misura. Culturalmente plasmato, socialmente condizionato, individualmente orientato.
Per quanto sia discutibile il margine di scelta che ci resta nella società dell'informazione, della comunicazione, del rischio, postmoderna, liquida, o in qualunque altra definizione sociologica se ne possa dare, la plasticità è forse l'unica certezza che abbiamo, senz'altro una grande opportunità, un grande privilegio: riconoscerlo, averne consapevolezza, ci mette in pace con la diversità, la varietà, in sintonia con la creatività dell'essere, del pensare, del vivere, dell'immaginare.
Nasciamo con un potenziale ventaglio di vite che non ha limiti se non quelli che ciascuno incontra nei mondi che attraversa, nelle persone che incontra, nelle scelte che fa.
Tra adattamento e innnovazione siamo portatori sani di apertura verso il mondo...
Senza cedere all'esaltazione dell'umanità che non è certo l'unica abitatrice del mondo e non sempre la migliore che possiamo augurarci, la celebrazione della dignità dell'uomo ha già attraversato la cultura di cui siamo più debitori, quella umanistico-rinascimentale.
Mirabile fu il contributo di Pico della Mirandola, il celebre autore de "La dignità dell'uomo" dove indagando il rapporto tra Dio e l'uomo, il posto di quest'ultimo nel mondo, ci regala una delle opere più felice della letteratura italiana del Tardo Quattrocento, non a caso da molti considerata il "manifesto" del Rinascimento Italiano.
La nostra dignità è la nostra ricchezza e sta tutta qua: poter essere ciascuno artefice di se stesso e soprattutto essere, potenzialmente, un crogiuolo di "possibilità", cui dare linfa vitale grazie
alla propria volontà. Al singolo la scelta di ricercare la via del bene o quella del male.
<Già il Sommo Padre, Dio creatore, aveva foggiato secondo le leggi di un'arcana sapienza questa dimora del mondo quale ci appare, tempio augustissimo della divinità [...]. Senonchè, recato il lavoro a compimento, l'artefice desiderava che ci fosse qualcuno capace di afferrare la ragione di un'opera sì grande, di amarne la bellezza, di ammirarne la vastità. Perciò, compiuto ormai il tutto, come attestano Mosè e Timeo, pensò da ultimo a produrre l'uomo. Ma degli archetipi non ne restava alcuno su cui foggiare la nuova creatura [...]. Stabilì finalmente l'ottimo artefice che a colui nulla poteva dare di proprio fosse comune tutto ciò che aveva singolarmente assegnato agli altri. Perciò accolse l'uomo come opera di natura indefinita e postolo nel cuore del mondo così gli parlò: "Non ti ho dato,
o Adamo, né un posto determinato, né un aspetto proprio, né alcuna prerogativa tua, perché quel posto, quell’aspetto, quelle prerogative che tu desidererai, tutto secondo il tuo voto e il tuo consiglio ottenga e conservi. La natura limitata degli altri è contenuta entro leggi da me prescritte.
Tu te la determinerai da nessuna barriera costetto, secondo il tuo arbitrio, alla cui potestà ti consegnai. [...] Non ti ho fatto né celeste nè terreno, né mortale né immortale, perché di te stesso,
quasi libero e sovrano artefice ti plasmassi e ti scolpissi nella forma
che avresti scelto. Tu potrai degenerare nelle cose inferiori che sono i bruti, tu potrai, secondo il tuo volere, rigenerarti nelle cose superiori che sono
divine”. Nell'uomo nascente il Padre ripose i semi d'ogni specie e germi d'ogni vita. E secondo che ciascuno li avrà coltivati, quelli cresceranno e daranno in lui i loro frutti.> (G. Pico della Mirandola, De dignitate Homini (1486), a. c di E. Garin, Vellecchi, Firenze 1942, pp.105-109)
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