PeregrINAre

Quanti aspetti racchiude in sè l’immagine del “peregrino”! La più immediata, e probabilmente la più diffusa, è quella dell’erranza, a volte con una meta, come nei pellegrinaggi religiosi, a volte senza meta, come umili vagabondi. Il peregrino va per luoghi sconosciuti, si avventura in terre straniere. Ma peregrino si dice anche di qualcosa che appare singolare, originale fino ad essere strano. Lontananza, viaggio, estraneità sono dimensioni molto vive nel mondo contemporaneo non solo per i migranti in cerca di nuove nazioni da abitare, ma anche per ogni uomo o donna che cerchi una stabilità lavorativa, sentimentale o spirituale. Siamo erranti anche quando stiamo fermi dinnanzi ad un computer che ci fa fare il giro del mondo a colpi di bit, post e download. Non ci resta che trovare un centro, una bussola che si muova con noi, non ci resta che trovare noi stessi, la nostra umanità. Possiamo progettare le nostre esplorazioni attrezzandoci di mappe e consigli altrui, ma prima o poi le zone d’ombra metteranno alla prova ogni certezza e tra dubbi e scelte ineludibili si affaccia la nostra identità, personale e professionale. Peregrinazione vuole essere un blog di informazione culturale, ma anche e soprattutto di riflessione, approfondimento e interrogazione del reale con rigore, curiosità ed entusiasmo.

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4.3.12

HandPAGE: Siamo dentro le nostre parole...

Fermarsi a riflettere sulle parole, le nostre e quelle degli altri, per sceglierle meglio, per capirne la forza, gli effetti e nella migliore delle ipotesi, quando c'è un'etica, volgerle  a beneficio dei più se non di tutti...
La parola ha una forza reificante, si fa materia, si fa concreta quando noi le diamo questo potere, così come a tutto ciò cui NOI riconosciamo un valore. 

"Ciò per cui noi uomini ci distinguiamo dalle bestie è essenzialmente il fatto che dialoghiamo tra di noi e possiamo esprimere parlando le nostre emozioni", scriveva Cicerone, l'oratore per eccellenza nella tradizione culturale occidentale, ma quella parola rischia di diventare uno strumento in mano di folli se non è supportata da virtù e profondità di pensiero...

Interroghiamoci allora su come recepiamo le parole che riceviamo, come le viviamo, come le ascoltiamo.  Non si tratta più di valutare e giudicare solo la qualità di chi parla, comunica con noi...ma la qualità del nostro "ascolto". Una cosa è udire, un'altra ascoltare magari ascoltandosi per non dimenticare le nostre parole, quelle che ci appartengono perchè le abbiamo accolte con consapevolezza, riflessione. Il tempo diventa un nostro alleato quando, tornando sulle parole sentite, lette, scritte, ritroviamo quel "qualcosa" che conferisce loro sempre un valore.

Nelle parole che usiamo ci siamo noi, con le nostre esperienze: prima di cedere alle parole altrui, curiamo le nostre.

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