PeregrINAre

Quanti aspetti racchiude in sè l’immagine del “peregrino”! La più immediata, e probabilmente la più diffusa, è quella dell’erranza, a volte con una meta, come nei pellegrinaggi religiosi, a volte senza meta, come umili vagabondi. Il peregrino va per luoghi sconosciuti, si avventura in terre straniere. Ma peregrino si dice anche di qualcosa che appare singolare, originale fino ad essere strano. Lontananza, viaggio, estraneità sono dimensioni molto vive nel mondo contemporaneo non solo per i migranti in cerca di nuove nazioni da abitare, ma anche per ogni uomo o donna che cerchi una stabilità lavorativa, sentimentale o spirituale. Siamo erranti anche quando stiamo fermi dinnanzi ad un computer che ci fa fare il giro del mondo a colpi di bit, post e download. Non ci resta che trovare un centro, una bussola che si muova con noi, non ci resta che trovare noi stessi, la nostra umanità. Possiamo progettare le nostre esplorazioni attrezzandoci di mappe e consigli altrui, ma prima o poi le zone d’ombra metteranno alla prova ogni certezza e tra dubbi e scelte ineludibili si affaccia la nostra identità, personale e professionale. Peregrinazione vuole essere un blog di informazione culturale, ma anche e soprattutto di riflessione, approfondimento e interrogazione del reale con rigore, curiosità ed entusiasmo.

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13.3.12

SegnaVIE: "Nel mezzo del cammin di nostra vita..."

   
Rileggere Dante per ritrovare il senso di una scrittura che con perizia linguistica e passione politca cerca  di comprendere, di trovare una logica in quell'incontro, sempre irrisolto per tutti, tra il percorso individuale e il mondo in cui muoviamo...
Perchè paura, smarrimento, ma anche coscienza viva del presente, ricordo del passato e immaginazione del futuro per addentrarsi nelle viscere dell'umanità ci appartengono.


Nel mezzo del cammin di nostra vita

    mi ritrovai per una selva oscura

    ché la diritta via era smarrita.

   Ah quanto a dir qual era è cosa dura

    esta selva selvaggia e aspra e forte

    che nel pensier rinnova la paura!

    Tant'è amara che poco è più morte;

    ma per trattar del ben ch'io vi trovai

    dirò de l'altre cose ch'io v'ho scorte.

    Io non so ben ridir com'io v'entrai,

    tant'era pieno di sonno a quel punto

    che la verace via abbandonai.

    Ma poi ch'i fui al pié d'un colle giunto

    là dove terminava quella valle

    che m'avea di paura il cor compunto,

    guardai in alto, e vidi le sue spalle

    vestite già de' raggi del pianeta

    che mena dritto altrui per ogni calle.

    Allor fu la paura un poco queta

    che nel lago del cor m'era durata

    la notte ch'io passai con tanta pieta.

    E come quei che con lena affannata

    uscito fuor del pelago a la riva

    si volge a l'acqua perigliosa e guata,

    così l'animo mio, ch'ancor fuggiva,

    si volse a rietro a rimirar lo passo

    che non lasciò già mai persona viva.

    

    (A. DANTE, Canto I, Inferno, La Divina Commedia)


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