PeregrINAre

Quanti aspetti racchiude in sè l’immagine del “peregrino”! La più immediata, e probabilmente la più diffusa, è quella dell’erranza, a volte con una meta, come nei pellegrinaggi religiosi, a volte senza meta, come umili vagabondi. Il peregrino va per luoghi sconosciuti, si avventura in terre straniere. Ma peregrino si dice anche di qualcosa che appare singolare, originale fino ad essere strano. Lontananza, viaggio, estraneità sono dimensioni molto vive nel mondo contemporaneo non solo per i migranti in cerca di nuove nazioni da abitare, ma anche per ogni uomo o donna che cerchi una stabilità lavorativa, sentimentale o spirituale. Siamo erranti anche quando stiamo fermi dinnanzi ad un computer che ci fa fare il giro del mondo a colpi di bit, post e download. Non ci resta che trovare un centro, una bussola che si muova con noi, non ci resta che trovare noi stessi, la nostra umanità. Possiamo progettare le nostre esplorazioni attrezzandoci di mappe e consigli altrui, ma prima o poi le zone d’ombra metteranno alla prova ogni certezza e tra dubbi e scelte ineludibili si affaccia la nostra identità, personale e professionale. Peregrinazione vuole essere un blog di informazione culturale, ma anche e soprattutto di riflessione, approfondimento e interrogazione del reale con rigore, curiosità ed entusiasmo.

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17.2.12

SegnaVIE: La terapia centrata sul cliente

Chouette
Carl Rogers è uno degli psicologi più conosciuti al mondo per la sua terapia centrata sul cliente. Il suo pensiero si colloca all'interno di quella psicologia "umanistico-esistenziale" che superando il modello freudiano  e quello comportamentista rinnova prospettive, approci e metodi della psicoterapia. Perchè ricordare Rogers anche se non si lavora come psicologi, psicoterapeuti o counselor? Magari semplificando un po', e nessun esperto me ne voglia per questo, Rogers aiuta tutti a spostare l'attenzione da noi stessi verso l'altro. Per aiutare l'altro, bisogna assumere un atteggiamento di comprensione empatica, di accettazione e di ascolto, bisogna imparare a "pensare" e "sentire" come l'altro pensa e sente, insomma bisogna per un po' dimenticare noi stessi. E allora? Parole trite e ritrite di umana comprensione, benevolenza? Patetico buonismo? Un ideale irrealizzabile? Certo per accogliere un simile messaggio bisognerebbe almeno apprezzare un'idea, una visione "antropologica" di fondo: pensare che l'uomo voglia realizzare se stesso, il migliore possibile, e che almeno potenzialmente possa comportarsi come un essere libero, autonomo e indipendente. Affascinante, ma abbiamo tutti la stessa idea di cosa voglia dire essere "liberi, autonomi, indipendenti"? Ci impegniamo per esserlo? Ci impegniamo perchè anche gli altri lo siano?

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