PeregrINAre

Quanti aspetti racchiude in sè l’immagine del “peregrino”! La più immediata, e probabilmente la più diffusa, è quella dell’erranza, a volte con una meta, come nei pellegrinaggi religiosi, a volte senza meta, come umili vagabondi. Il peregrino va per luoghi sconosciuti, si avventura in terre straniere. Ma peregrino si dice anche di qualcosa che appare singolare, originale fino ad essere strano. Lontananza, viaggio, estraneità sono dimensioni molto vive nel mondo contemporaneo non solo per i migranti in cerca di nuove nazioni da abitare, ma anche per ogni uomo o donna che cerchi una stabilità lavorativa, sentimentale o spirituale. Siamo erranti anche quando stiamo fermi dinnanzi ad un computer che ci fa fare il giro del mondo a colpi di bit, post e download. Non ci resta che trovare un centro, una bussola che si muova con noi, non ci resta che trovare noi stessi, la nostra umanità. Possiamo progettare le nostre esplorazioni attrezzandoci di mappe e consigli altrui, ma prima o poi le zone d’ombra metteranno alla prova ogni certezza e tra dubbi e scelte ineludibili si affaccia la nostra identità, personale e professionale. Peregrinazione vuole essere un blog di informazione culturale, ma anche e soprattutto di riflessione, approfondimento e interrogazione del reale con rigore, curiosità ed entusiasmo.

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15.2.12

IPoLLiCiNi/HandPAGE: Ascolto musicale in classe? Il trionfo della distrazione!

di Renato Rizzello



Quante altre volte guarderete levarsi la luna? Forse venti...
eppure tutto sembra senza limite.
(Paul Bowles, “Il tè nel deserto”)



Svolgendo l'attività di insegnante ci si accorge di quante e quali siano le “evoluzioni” tra una generazione e l'altra. Una di queste è la tendenza sempre maggiore dei ragazzi alla distrazione.
Anch'io ricordo lunghi momenti di distrazione quando frequentavo la scuola, ma era molto diverso, erano comunque momenti per così dire “pieni”, pieni di fantasticherie o semplicemente di stanchezza. Ora nei ragazzi, invece, scorgo spesso il vuoto,  sia di contenuti che di volontà di riempire con qualcosa di significativo quel tempo.

Qualcuno diceva che l'uomo come le bestie tende a fare nulla se non viene stimolato, ma talvolta ho l'impressione che si scenda ancora più in basso perché nelle bestie almeno si conserva uno spirito di sopravvivenza individuale, o di autoconservazione e sopravvivenza della specie che in certi piccoli umani a volte non vedo più.

Una volta discussi con un'importante maestro di musica sul cambiamento delle modalità di fruizione della musica e sulla maggiore difficoltà che ha l'ascoltatore di oggi nel seguire con attenzione la “forma” di un brano musicale. Si giunse alla conclusione che le due cose erano strettamente collegate.

Immaginammo per esempio un fruitore di musica nell'Ottocento (tanto per non andare troppo indietro nel tempo). Se andava all'opera aveva a disposizione solo quell'ascolto di quella musica, in quel momento e basta, il resto erano prevalentemente spartiti o trascrizioni per banda, o pianoforte...
Poi è arrivata l'era dei supporti registrati, prendiamo per esempio un vecchio disco in vinile. Chi lo ascoltava sapeva benissimo che non poteva farlo milioni di volte, perché ogni ascolto oltre a far ascoltare il supporto, in qualche modo lo danneggiava anche. E comunque era un supporto piuttosto fragile, costoso, prezioso, e tale appariva anche il suono che vi conteneva.

Facciamo un altro salto in avanti e arriviamo ai giorni nostri. Abbiamo avuto i cd, supporti pressoché indistruttibili al confronto col vinile, e poi i file mp3, che addirittura non hanno necessariamente supporto fisico.

Il suono in qualche modo ha perso valore, perché è “indistruttibile” e riproducibile all'infinito, attraverso semplicissime operazioni di rewind e copia-incolla.
Dunque se io ho fatto parte prevalentemente della “generazione del rewind”, i miei allievi sono la “generazione del copia-incolla”.

Questo in qualche modo si è ripercosso sulle capacità di attenzione di tanti che non sanno quasi più distinguere il “silenzio” dal brusio con musica di un supermercato o di una tv lasciata accesa.

Chissà forse un giorno qualcuno -magari un mio allievo- scriverà un testo come questo dovendo ad ogni capoverso, rigo o parola, ricontrollare il titolo, per ricordarsi di cosa doveva (voleva?) parlare, scrivendo mentre ascolta la tv, o un mp3 sullo stesso pc dove scrive.

Oppure preferirà fare copia-incolla di questo stesso testo.
E auguriamoci che capisca che per lui gli mp3 potrebbero essere come per noi i dischi in vinile.


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Grazie ai miei genitori ho avuto la fortuna di studiare la musica, l'arte invisibile agli occhi che mi ha spesso consentito di scoprire “l'essenziale”.
Tra i dieci lavori che rendono più felici le persone ho trovato su un giornale, senza troppa sorpresa, anche il mio: l'insegnante di sostegno. Insieme al sacerdote, il pompiere, il fisioterapista, lo psicologo... semplicemente aiuto gli altri.
Che sia essenziale forse proprio “aiutare gli altri” per essere felici?
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