PeregrINAre

Quanti aspetti racchiude in sè l’immagine del “peregrino”! La più immediata, e probabilmente la più diffusa, è quella dell’erranza, a volte con una meta, come nei pellegrinaggi religiosi, a volte senza meta, come umili vagabondi. Il peregrino va per luoghi sconosciuti, si avventura in terre straniere. Ma peregrino si dice anche di qualcosa che appare singolare, originale fino ad essere strano. Lontananza, viaggio, estraneità sono dimensioni molto vive nel mondo contemporaneo non solo per i migranti in cerca di nuove nazioni da abitare, ma anche per ogni uomo o donna che cerchi una stabilità lavorativa, sentimentale o spirituale. Siamo erranti anche quando stiamo fermi dinnanzi ad un computer che ci fa fare il giro del mondo a colpi di bit, post e download. Non ci resta che trovare un centro, una bussola che si muova con noi, non ci resta che trovare noi stessi, la nostra umanità. Possiamo progettare le nostre esplorazioni attrezzandoci di mappe e consigli altrui, ma prima o poi le zone d’ombra metteranno alla prova ogni certezza e tra dubbi e scelte ineludibili si affaccia la nostra identità, personale e professionale. Peregrinazione vuole essere un blog di informazione culturale, ma anche e soprattutto di riflessione, approfondimento e interrogazione del reale con rigore, curiosità ed entusiasmo.

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22.11.11

ENews: La cittadinanza ai bambini stranieri?

Come si fa a pensare che l'Italia sia un paese civile, dove parole come dignità, libertà, emancipazione e rispetto della persona in quanto tale se ci sono ancora voci che riconducono tutto a un fatto di consanguineità. L'appartenenza alla famiglia è un fatto di consanguineità, e l'antropologia ci insegna che è anche questo è vero fino ad un certo punto. Patriarcato, matriarcato in fondo sono concetti che ce lo rivelano. Ma l'appartenza alla collettività sociale, alla comunità, allo stato non può fondarsi solo sulla consanguineità. Accettare solo quello che ci è "familiare" è molto comodo, non ci mette in discussione, ci permette di portare avanti dinamiche, visioni, prassi così come sono. La consuetudine non è una legge!!Certo cambiare richide sforzo, impegno. E' ovvio che riconoscere la cittadinanza ai figli dei migranti rimescolerà le carte, imporrà un ampliamento di orizzonti che costringerà tutti ad interrogarci su cosa vuol dire essere "cittadini" e "italiani" . Ma siamo ancora qui?? Mi chiedo, nel 2011, siamo ancora qui a ricordare che l'uomo è tale a prescindere da fattori genetici? Che l'uomo è tutta il suo modo di vivere, pensare, agire è frutto di scelte culturali, arbitrarie e quindi discutiili, non assolutizzabili? Forse non ci vogliamo rendere conto che il tempo del "mi piace" - che facebook ha genialmente colto come principale discriminante del nostro modo di affrontare la realtà, non può durare a lungo.  Ma il problema non è che manca il "non mi piace". Manca la voglia di accettare che non è al principio di piacere ma a quello di realtà che dobbiamo guardare per orientaci. E la realtà che ci piaccia o no,  è dinamica. Si muovono le cose, le persone,  le idee. Ecco, dobbiamo essere dinamici nel pensiero e più coraggiosi  nell'azione. E allora ben venga allora la cittadinanza a chi nasce in Italia da genitori stranieri. Non può essere un peccato originale l'essere figli di non italiani. Quello che per alcuni è un diritto per altri è una follia, per me è innanzitutto buon senso. 


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