PeregrINAre

Quanti aspetti racchiude in sè l’immagine del “peregrino”! La più immediata, e probabilmente la più diffusa, è quella dell’erranza, a volte con una meta, come nei pellegrinaggi religiosi, a volte senza meta, come umili vagabondi. Il peregrino va per luoghi sconosciuti, si avventura in terre straniere. Ma peregrino si dice anche di qualcosa che appare singolare, originale fino ad essere strano. Lontananza, viaggio, estraneità sono dimensioni molto vive nel mondo contemporaneo non solo per i migranti in cerca di nuove nazioni da abitare, ma anche per ogni uomo o donna che cerchi una stabilità lavorativa, sentimentale o spirituale. Siamo erranti anche quando stiamo fermi dinnanzi ad un computer che ci fa fare il giro del mondo a colpi di bit, post e download. Non ci resta che trovare un centro, una bussola che si muova con noi, non ci resta che trovare noi stessi, la nostra umanità. Possiamo progettare le nostre esplorazioni attrezzandoci di mappe e consigli altrui, ma prima o poi le zone d’ombra metteranno alla prova ogni certezza e tra dubbi e scelte ineludibili si affaccia la nostra identità, personale e professionale. Peregrinazione vuole essere un blog di informazione culturale, ma anche e soprattutto di riflessione, approfondimento e interrogazione del reale con rigore, curiosità ed entusiasmo.

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4.1.12

SegnaVIE: Colloquio di Gigi Riva con Serge Latouche

Più che tempi bui, come capita spesso di leggere, comincio a pensare che questi possano essere davvero tempi per felici intuizioni, fulgide illuminazioni, insomma momenti per guardare "oltre" e in alcuni casi guardare "dentro". La crisi sta rimescolando le carte in tavola. E per quanto ci si sforzi di fare previsioni, capita che anche i più esperti depongano le armi, almeno in contesti più informali, meno ufficiosi, per ammettere che non si sa dove si sta andando. Ma c'è da aggiungere che la speranza che qualche parola di saggezza sia possibile, qualche illuminazione, appunto, ci colga e non ci abbandoni più, non viene meno. Frugalità, austerità non sono certo parole orientative che ci sarebbero venute in mente fino a poco tempo fa, forse oggi per qualcuno sono foriere di tristezza, per altri quasi un piacevole ritorno al passato. Personalmente non credo nei ritorni al passato, credo invece che nell'evolversi delle cose ci sia spazio anche per qualcosa che si era perso per strada. Cosa abbiamo perso? Tra le varie cose il tempo per noi stessi. La decrescita di cui ci parla da anni il filosofo-economista Serge Latouche, autore di "Breve trattato sulla decrescita serena" (2008), il profeta di una vita ad impatto zero, è anche questo, un altro modo di vivere il nostro tempo, quello personale, e il nostro Tempo, quello storico e sociale. Riporto un estratto dell'intervista a Serge Latouche pubblicata oggi su L'Espresso. 

"R. :La sua ricetta, decrescere, o "a-crescere" come lei ha precisato, per alcuni evoca una lugubre stagione di privazioni e rinunce.
L.: Siamo entrati lentamente nel capitalismo, che è il sinonimo di crescita, e lentamente ne usciremo. Grazie a un cambiamento lento, ma ineluttabile. Lavoreremo meno per produrre meno. Se si produce meno si distrugge meno natura, ma non è detto che si abbia necessariamente meno. Se invece di cambiare automobile ogni due anni e computer ogni anno li si cambia ogni dieci perchè se ne producono di resistenti, la soddisfazione del bisogno di possedere quegli oggetti è esaudita ma c'è bisogno di meno denaro, dunque di meno lavoro. E si avrà più tempo libero per relazioni e affetti.
 R.:C'è da chiedersi cosa faranno i dipendenti di quelle aziende di computer o auto.
L.:A loro volta avranno bisogno di meno. E' il nostro rapporto col tempo che va completamente rivisto. Siamo così stressati che dormiamo in media meno che in passato, guardiamo troppa televisione, non facciamo sport, diventiamo obesi 8altro problema sociale) e non ci occupiamo dei nostri bambini.
[...]
R.:Che altro guadagnamo dalla decrescita?
L.:Mi viene in mente Baldassarre Castiglione e il suo "Il Cortigiano", in cui suggeriva al Principe di dare più tempo alla vita contemplativa e alla riflessione e meno all'azione. Ecco, il tempo per se stessi sarebbe davvero il regalo migliore della decrescita."
(Fonte: Colloquio con Serge Latouche di Gigi Riva, Elogio della frugalità, L'Espresso, n.1, Anno LVIII, 4 gennaio 2012, pag.121).


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