"R. :La sua ricetta, decrescere, o "a-crescere" come lei ha precisato, per alcuni evoca una lugubre stagione di privazioni e rinunce.L.: Siamo entrati lentamente nel capitalismo, che è il sinonimo di crescita, e lentamente ne usciremo. Grazie a un cambiamento lento, ma ineluttabile. Lavoreremo meno per produrre meno. Se si produce meno si distrugge meno natura, ma non è detto che si abbia necessariamente meno. Se invece di cambiare automobile ogni due anni e computer ogni anno li si cambia ogni dieci perchè se ne producono di resistenti, la soddisfazione del bisogno di possedere quegli oggetti è esaudita ma c'è bisogno di meno denaro, dunque di meno lavoro. E si avrà più tempo libero per relazioni e affetti.
R.:C'è da chiedersi cosa faranno i dipendenti di quelle aziende di computer o auto.L.:A loro volta avranno bisogno di meno. E' il nostro rapporto col tempo che va completamente rivisto. Siamo così stressati che dormiamo in media meno che in passato, guardiamo troppa televisione, non facciamo sport, diventiamo obesi 8altro problema sociale) e non ci occupiamo dei nostri bambini.[...]R.:Che altro guadagnamo dalla decrescita?L.:Mi viene in mente Baldassarre Castiglione e il suo "Il Cortigiano", in cui suggeriva al Principe di dare più tempo alla vita contemplativa e alla riflessione e meno all'azione. Ecco, il tempo per se stessi sarebbe davvero il regalo migliore della decrescita."
(Fonte: Colloquio con Serge Latouche di Gigi Riva, Elogio della frugalità, L'Espresso, n.1, Anno LVIII, 4 gennaio 2012, pag.121).
Nessun commento:
Posta un commento