PeregrINAre

Quanti aspetti racchiude in sè l’immagine del “peregrino”! La più immediata, e probabilmente la più diffusa, è quella dell’erranza, a volte con una meta, come nei pellegrinaggi religiosi, a volte senza meta, come umili vagabondi. Il peregrino va per luoghi sconosciuti, si avventura in terre straniere. Ma peregrino si dice anche di qualcosa che appare singolare, originale fino ad essere strano. Lontananza, viaggio, estraneità sono dimensioni molto vive nel mondo contemporaneo non solo per i migranti in cerca di nuove nazioni da abitare, ma anche per ogni uomo o donna che cerchi una stabilità lavorativa, sentimentale o spirituale. Siamo erranti anche quando stiamo fermi dinnanzi ad un computer che ci fa fare il giro del mondo a colpi di bit, post e download. Non ci resta che trovare un centro, una bussola che si muova con noi, non ci resta che trovare noi stessi, la nostra umanità. Possiamo progettare le nostre esplorazioni attrezzandoci di mappe e consigli altrui, ma prima o poi le zone d’ombra metteranno alla prova ogni certezza e tra dubbi e scelte ineludibili si affaccia la nostra identità, personale e professionale. Peregrinazione vuole essere un blog di informazione culturale, ma anche e soprattutto di riflessione, approfondimento e interrogazione del reale con rigore, curiosità ed entusiasmo.

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17.8.12

HandPAGE: Un'emozione tutta bohémien



 
“Benvenuti nella Repubblica Ceca”. Non era la voce di un portiere d’albergo o un addetto all’ufficio informazione. Era una giovane donna seduta in un locale del quartiere di Malà Strana, non lontano da Most Legií, il ponte più a sud del famosissimo Karluv Most. Non mi ero accorta della sua presenza fintanto che alzandomi dal tavolo con mio marito, per riprendere la via in direzione della fermata di Narodní, non pronunciò quelle parole, apparentemente semplici e scontate quando rivolte ad una coppia di turisti. Solo al termine del  viaggio, appena quattro giorni dopo, avrei capito che in quel benvenuto c’era molto di più di quanto la cordialità e l’ospitalità richieda. Erano orgoglio nazionale, era voglia di lasciare un segno, erano carne viva e cuore in fiamma di una terra che dal suo pacifismo storico ha spesso ricavato solo invasioni straniere, massacri, prigioni di silenzio. Eppure quel benvenuto, preludio accattivante e intrigante del fascino praghese, era un segno di trionfo, piccolo, sofferto, ma importante. Lo ritrovai nel racconto del giornalista che ci fece da guida sul battello lungo la Moldava. 
Non era stata affatto scomoda la domanda “Ma ora il vostro rapporto con i russi, com’è?”. Sembrava non aspettasse altro per raccontare le ferite di una città e quindi una regione che dai gloriosi tempi di Carlo IV, Re di Boemia e Imperatore del Sacro Romano Impero nel XIV d.C., ha conosciuto la dominazione asburgica, l’invasione nazista, la nascita a tavolino della Cecoslovacchia, il controllo politico della Russia durante gli anni della Guerra Fredda e infine la separazione dalla Slovacchia nel 1993. Ora l’Europa all’orizzonte, che affascina per la sua democrazia, spaventa per le sue difficoltà, la sua crisi, le sue regole discutibili.
Improvvisamente non parlava più come una guida, ma come un intellettuale che non teme il confronto con voci di italiani, tedeschi, danesi e di chiunque altro avrebbe potuto essere là presente. Uno spirito bohémien voluto, dichiarato, irriducibile il suo. Un'emozione bohémien improvvisa, aleggiante, ancora irriducile, la mia.




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